Come una scultura, dare forma a se stessi

Un’opera straordinaria di Michelangelo Buonarroti dà il benvenuto ai visitatori che si recano alla mostra in corso a Palazzo Strozzi a Firenze, “Il Cinquecento a Firenze”, aperta fino al prossimo 21 gennaio 2018. Si tratta di una scultura che raffigura un Dio Fluviale: un corpo di uomo modellato come una statua antica cui mancano piedi, mani e testa,  che ci stupisce per la fisicità e la resa del movimento di torsione, che comunica la potenza e la maestosità di un corpo maschile maturo. Michelangelo Buonarroti, uno degli artisti più geniali e rivoluzionari della storia, era nato a Caprese, presso Arezzo, nel 1475 e quando assemblò questo prototipo per un Dio Fluviale aveva circa cinquant’anni e si trovava quindi nel pieno della maturità umana ed artistica. La spiegazione che accompagna quest’opera è molto curiosa, dice ” Michelangelo Buonarroti: Dio Fluviale (1526-1527 circa) modello in argilla, terra, sabbia, fibre vegetali e resti animali, caseina, su anima di filo di ferro. Interventi successivi: rete in ferro, gesso.”  Ci troviamo di fronte ad un modello che è già un capolavoro. E questo capolavoro che ci accoglie nella prima sala della mostra ci sorprende sì per la sua bellezza, ma anche perchè, leggendo il materiale di cui è fatto, con cui è stato formato, ci accorgiamo che si tratta di terra, di quanto più umile possa esserci. Siamo abituati a conoscere le sculture cui Michelangelo ha dato forma nel marmo bianco, estraendo dal blocco di pietra ciò che l’artista era capace di scorgervi dentro “imprigionato”, ma in questo “modello per un Dio Fluviale” ci sentiamo stupiti perchè immaginiamo Michelangelo mentre, per una raffigurazione della maestosità e della forza, si sporca le mani con quanto di più umile esista, dato che “umiltà” deriva proprio da “humus”, dalla terra. Sigmund Freud , il padre della psicoanalisi, fu il primo a mettere in relazione l’arte della scultura con la psicoanalisi o la psicoterapia. Freud aveva paragonato la psicoanalisi alla scultura citando proprio le famose parole con cui lo stesso Michelangelo descriveva la sua arte. Così come la forma esiste già dentro il blocco di marmo, anche il nostro vero Sè  è già dentro di noi: e così come lo scultore non deve fare altro che liberare dal superfluo quello che nasconde l’opera d’arte, così il terapeuta non deve fare altro che aiutare il paziente a comprendere e liberarsi da tutto ciò che è superfluo e nasconde la nostra vera e più pura e profonda essenza. Nella metafora di Freud la scultura viene vista come un’ arte che si serve di una tecnica estrattiva, ma anche quel modello di Dio Fluviale assemblato con materiali umili e poi ricoperto di gesso bianco, è metafora di quanto accade in una psicoterapia. Infatti, possiamo riflettere su quanto succede alla nostra psiche durante una terapia quando dobbiamo imparare a scavare nei nostri ricordi , e quindi mettere le nostre mani vicino alle nostre radici familiari affondandole in quell’humus che sta alla base della nostra storia personale, che spesso non è proprio così piacevole da toccare. Eppure, è proprio modellando questo materiale, che possiamo, proprio come faceva Michelangelo, trattarlo e strutturarlo fino a farlo diventare una vera e propria opera d’arte, che siamo noi stessi.  Verso la fine della sua vita, a ottant’anni, il grande, tormentato, artista fiorentino scolpì la celebre Pietà Rondanini, oggi conservata a Milano. Si tratta di un altro straordinario capolavoro che ci offre un’altra metafora ancora della scultura in relazione alla psiche. La Pietà Rondanini è una delle tante opere definite “non compiute” di Michelangelo, e molti critici dell’arte si sono chiesti quale significato potesse assumere per l’artista non ultimare la costruzione delle proprie creazioni. Alcuni autori collegano la creazione della maggior parte degli incompiuti come corrispondenti ai momenti più intensi di tormento interiore della personalità appassionata e complessa di Michelangelo, oppure a suoi ripensamenti in corso d’opera, oppure all’influsso delle nuove filosofie e visioni del mondo portate dai tempi inquieti della Controriforma nell’arte. Ma forse l’incompiuto di Michelangelo è solo apparente, ed anche questo “apparentemente incompiuto” ha molto da insegnarci, se ascoltiamo con attenzione le parole della filosofa spagnola contemporanea Maria Zambrano, autrice del saggio  “Verso un sapere dell’Anima” : “l’uomo deve non tanto costruire la sua vita, quanto proseguire la sua incompiuta nascita; deve venire alla luce via via, lungo la propria esistenza”.

Dr.ssa Silvia Nadalini, Psicologa-Psicoterapeuta, Rovigo.

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